Se l’impatto del fashion sul pianeta è tra le prime cause inquinanti attuali è necessario riflettere che per produrre una maglietta servono l’equivalente dell’acqua utile per una persona per oltre due anni, cioè oltre duemila litri di acqua, mentre per un jeans si arriva al consumo di diecimila litri! A questo dato vanno aggiunti altri, sono oltre settanta le sostanze tossiche rilasciate dai tessuti nell’acqua, la gran parte di esse rimangono in maniera permanente nell’ambiente.
Si aggira al dieci per cento l’emissione di carbonio che la moda e soprattutto la produzione della cosiddetta fast fashion emette, oltre mezzo milione di tonnellate i rifiuti derivanti dai tessuti e dagli accessori che finiscono negli oceani, da considerare inoltre che le stoffe sintetiche rilasciano microplastiche ad ogni lavaggio. Da tener presente i risvolti sociali ed etici, si stima che l’ottanta per cento degli operai nell’industria del tessile sono donne, pagate anche meno di tre euro al giorno, in quei paesi dove la moda ha delocalizzato le proprie sedi produttive. Diventa urgente e non più derogabile la presa di coscienza dei produttori ma anche di ogni singolo cittadino che può con piccoli gesti contribuire a indicare un cambio di rotta.
Riutilizzare, aggiustare i capi già in possesso è un primo passo, poi stare attenti alle etichette sulla provenienza del capo, controllare la sua composizione, scegliere brand con seri impegni solidali e compatibili, non smettere mai di informarsi e diventare sempre più consapevoli di ciò che si indossa e di come possa inquinare in maniera pesante l’ambiente già notevolmente compromesso.
Diventare, quindi, sempre più persone con principi eco-compatibili cominciando dagli abiti che vanno custoditi, amati, riutilizzati come scrive la leader mondiale Orsola De Castro, co-fondatrice nel 2013 della Fashion Revolution nel suo interessante e utile volume I vestiti che ami vivono a lungo edito da Corbaccio, che nel sottotitolo cita Riparare Riadattare e Rindossare i tuoi abiti è una scelta Rivoluzionaria.
Di moda etica, sin dal 2007, si occupa Marina Spadafora che da anni porta avanti questa problematica con impegno costante rafforzato da una riconosciuta professionalità di stilista, imprenditrice e docente con spiccate capacità comunicative, leader italiana di Fashion Revoltution, la Spadafora è impegnata in incontri, pubblicazioni, convegni e lezioni in Italia e nelle varie sedi di FR nel mondo, tra le tante prestigiose attività ha lavorato come costumista ad Hollywood ed ha ricevuto nel 2015 il Premio Women Together dalle Nazioni Unite.
Maria Stella Rossi