“Erano di Agnone (Is) Giacomo DI Iorio, Giuseppe Mancino, Giuseppe Odorisio, Sinibaldo Orlando, Diodato Piccione, Alessandro Sammartino che fecero parte dell’esercito delle Due Sicilie che oppose resistenza alla rivoluzione garibaldina e all’ invasione dell’esercito piemontese, non riuscendo a impedire, nonostante tutto, il declino del Regno delle Due Sicilie”.
Questo e altro nel libro di Giovanni Pede e Luca Esposito “Dal Macerone a Gaeta. L’ ultima sfida delle Due Sicilie”, ed.Cosmo Iannone che verrà presentato domani 19 ottobre, alle ore 17.30 nella sala conciliare di Palazzo San Francesco.
Il Centro Studi Alto Molise di Agnone, con il presidente Ida Cimmino e Armando Sammartino con l’assessore alla cultura Giovanni A. Di Nucci con gli autori si alterneranno ai microfoni.
“Nel partecipato racconto, che Pede ed Esposito hanno fatto nel precedente volume “Dal Volturno al Macerone”, delle cruciali settimane che precedettero il referendum che sancì «L’Italia una e indivisibile», -affermano dal Csam- il discosto Molise riceve un fascio di luce come raramente gli è accaduto nella sua storia moderna.
Il suo territorio diventa lo scenario di eventi militari e sociali che ebbero un peso notevole nel determinare l’esito finale della resistenza borbonica alla rivoluzione garibaldina e all’invasione dell’esercito piemontese. Fecero parte dell’ esercito delle Due Sicilie , tra i tanti militari molisani, anche gli agnonesi: Giacomo DI Iorio, soldato; Giuseppe Mancino e Giuseppe Odorisio, alfieri; Sinibaldo Orlando, maggiore; Diodato Piccione, artigliere; Alessandro Sammartino, soldato. Nel volume “Dal Macerone a Gaeta. L’ ultima difesa delle Due Sicilie” ci si chiede se “l’esercito del Regno delle Due Sicilie fosse davvero un esercito di stranieri e di mercenari, di uomini sanguinari e feroci contro i loro stessi fratelli. O, peggio ancora, di ufficiali traditori, pronti a passare dalla parte del vincitore. In realtà, era un esercito nazionale la cui principale ragion d’essere era il mantenimento dell’ordine interno, ma che fece la sua parte quando il Re se ne mise a capo, dopo le dimissioni del governo costituzionale napoletano.
La ricerca degli autori si propone di approfondire questi aspetti di storia militare ricordando tanti fedeli “soldati del Re” e focalizzandosi sul periodo che va dal risolutivo intervento armato sardo-piemontese del 12 ottobre 1860 alla metà del mese successivo.
L’irresolutezza dell’alto comando napoletano, cui non fu estraneo lo stesso Re nell’ingannevole speranza in un aiuto francese, rimandò lo scontro definitivo con l’Armata Sarda fino a che fu troppo tardi e tutto compromesso in una settimana o poco più. La ritirata si concluse solo a Gaeta, una fortezza che, a causa del mortale immobilismo degli ultimi anni di regno di Ferdinando II, non era in grado di resistere a un assedio sostenuto da cannoni a grande gittata, di fronte ai quali gli artiglieri napoletani nulla poterono.
Un lavoro, questo di Pede ed Esposito –concludono dal Csam- che si colloca oltre le polemiche di parte e aiuta a ricostruire il dato storico in modo obiettivo e documentato”.