C’era anche il Prefetto d’Isernia, Giuseppe Montella, alla presentazione della prima banca osteologica del Molise al Parco tecnologico dell’Istituto di Ricerca Neuromed.
Un progetto fortemente voluto dagli studiosi del presidio sanitario col quale sarà possibile osservare l’evoluzione delle patologie nell’uomo nel corso dei millenni e capire come prevenirle.
Al nostro microfono hanno parlato l’antropologo forense Vincenzo Gianbarbara e il direttore dell’Unità Complessa di Neuroradiologia Diagnostica e Terapeutica dell’Istituto Neuromed, Marcello Bartolo.
BONeS nasce dalla collaborazione tra il Centro Studi Antropologici della Fondazione Neuromed e la Soprintendenza Archeologia belle arti e paesaggio del Molise con l’obiettivo di raccogliere informazioni dai resti scheletrici antichi rinvenuti nelle locali campagne di scavo degli ultimi anni. BONeS si pone come uno spazio dedicato e protetto, in cui gli scheletri saranno custoditi e studiati e dove, grazie a tecnologie di ultima generazione, sarà possibile indagare l’aspetto fisico, lo stato di salute, l’alimentazione e gli stili di vita dei ‘molisani di un tempo’.
“L’interdisciplinarietà di questo progetto – ha detto il professor de Gaetano rivolgendosi ai tanti studenti presenti – fa di Neuromed una Cittadella della Scienza che accoglie le diverse discipline di studio. E anche i resti umani di migliaia di anni fa posso continuare a parlarci. Dico per questo ai ragazzi di cercare di guardare sempre cosa c’è al di là delle cose”.
Nel corso dell’incontro sono stati illustrati i primi risultati della campagna di scavo nata dalla collaborazione tra la Fondazione Neuromed e la Soprintendenza Archeologia belle arti e paesaggio del Molise. Il progetto BONeS si prefigge di essere cerniera tra l’antropologia e la medicina. Lo studio dei resti umani antichi permetterà di comprendere i meccanismi alla base di alcune patologie del passato per meglio capire e prevenire quelle del futuro.
Studiare una tomba, infatti, equivale ad aprire una capsula del tempo nella quale si conserva e si racconta, non solo la vita e la morte della persona inumata, ma la storia e l’ambiente in cui essa ha vissuto. Per questo la tomba non è soltanto “l’ultima dimora” di chi in essa è sepolto, ma è la testimonianza della cultura della comunità in cui esso ha vissuto e che, attraverso il rito funebre, ci tramanda la memoria collettiva del territorio. Per questo motivo lo scheletro non è più “solo ossa”, ma assume di diritto la connotazione di bene culturale.
L’obiettivo è quello di arrivare, attraverso la costituzione di un team interdisciplinare formato da specialisti Neuromed, ad una più approfondita conoscenza delle popolazioni che in antico hanno abitato questo territorio attraverso la profilazione biologica, la paleogenetica, la paleoradiologia, la paleopatologia e la paleodieta.
L’ambizione è fare di questo Centro un punto di riferimento per la formazione di studiosi e cittadini.