“…..arriva lui/ Apre piano la porta, poi si butta sul letto/ E poi e poi/ Ad un tratto io sento afferrarmi le mani/ Le mie gambe tremare e poi e poi e poi e poi/ Spegne adagio la luce, la sua bocca sul collo/ Ha il respiro un po’ caldo, ho deciso lo mollo/Ma non so se poi farlo o lasciarlo soffrire/ L’importante è finire/”.
Sono alcuni versi della canzone scritta da Cristiano Malgioglio e musicata da Alberto Anelli, uno dei grandi successi di Mina, immediatamente censurata dalla televisione nazionale dopo un primo passaggio in radio, a causa dei contenuti “proibiti”, negli anni settanta.
E l’idea di parlare dell’argomento, antica e ogni tanto rinverdita, incontra ancora delle forti resistenze. Ci viene in soccorso il dizionario della Utet sul lessico amoroso, un volumone ricco di ogni tipo di espressione. Amore, fare all’amore, vivere d’amore, fare l’amore a secco, amoreggiare, amore mercenario, amore prostituito, amore carnale, amore platonico, amore greco, per esempio e le “ parole che fanno ridere – diceva Macchiavelli nel prologo di Clizia- o sono sciocche, o ingiuriose, o amorose”. Il più grande testo d’amore di tutte le letterature non è solo per caso Il Cantico dei Cantici.
Di qualsiasi specie di amore si tratti –mai parole più belle e inesauribili sono state trovate per cantarlo, parole che sembrano ogni volta miracolosamente adatte a ciascuna delle tante interpretazioni che sono state date del anche se incompatibili fra loro.
Il regalo più bello che potevo fare è una canzone – ha detto Benigni in diretta dall’Ariston -. La canzone più bella. È una cover. “ Mi baci con i baci della tua bocca!/ Sì, le tue tenerezze sono più dolci del vino”. Come son belli i tuoi piedi/ ]Il tuo ombelico è una coppa rotonda/ che non manca mai di vino drogato”. Dai versi del Cantico al principio è che il sentimento amoroso sia un’ars, una disciplina e come tale vada affrontato, ovverossia che debba essere trasmesso mediante un insieme di regole e precetti.
Non è quindi un caso che Ovidio Nasone, nato a Sulmona, la città dei confetti, vissuto tra il 43 a.c. l’ 8 d.c., nel suo poema didascalico in tre libri di distici elegiaci, l’Ars Amatoria, rifiuti i favori di Apollo attraverso la tradizionale invocazione alle Muse, preferendo fare riferimento solo alla propria esperienza pratica, che in qualità di “maestro” egli dovrà trasmettere ai suoi scolari .
Nel primo libro insegna come conquistare la fanciulla desiderata, assumendo il ruolo di praeceptor o magister amoris e sviluppa una dettagliata precettistica erotica che ha scandalizzato la Roma antica, come se stesse redigendo un trattato tecnico di tono serio e formale. Con l’aiuto di Venere e Cupido e attraverso esempi mitologici tratteggia un catalogo delle situazioni in cui può doversi districare un giovane amante. “L’Ars Amatoria per Eva Cantarella in un articolo sul Corrriere della Sera , si fonda sul rapporto che Ovidio, un rapporto speciale fatto di rispetto reciproco tra gli amanti. «…non sorpassarla, con le tue vele al vento/ e non lasciarla andare innanzi a te./ Guadagnatela insieme, quella meta: solo allora/ quando ugualmente vinti giacciono/ la donna e l’ uomo, pieno è il piacere» (Ars amatoria II, 724-728 ). Dall’Ars Amatoria, il passo è breve e porta direttamente al testo sanscristo Kāma Sūtra (s कामसूत्र) sul comportamento sessuale umano, considerato come l’opera più importante della letteratura sull’amore. Scritto da Vatsyayana con il titolo completo Vātsyāyana Kāma Sūtra (“Aforismi sull’amore, di Vatsyayana”).
Si crede che l’autore sia vissuto in un’epoca fra il I ed il VI secolo, probabilmente durante il periodo Gupta. Nella cultura classica hindu, l’essere umano ha il preciso obiettivo di perseguire un’armonica realizzazione di sé, senza trascurare alcun aspetto della vita terrena ed è quindi prescritto che ricerchi quattro obiettivi: 1.Artha: il Benessere, sia fisico che economico;2.Kama; il Desiderio, il piacere e la sua fruizione;3.Dharma: il senso etico che ricerca un equilibrio tra artha e kama;4.Mokṣa: la liberazione dal mondo materiale e il raggiungimento della vera coscienza di sé. Un testo che per le sue illustrazioni ha sviluppato tutte le fantasie erotiche possibili e impossibili, spesso è stato associato al triviale che triviale non è.
Lo deduciamo dalla lettura del “ Kamasultra “ nella parodia illustrata dal fumettista termolese Benito Jacovitti sulle parole di Marcello Marchesi. Riprendendo proprio il testo indiano, attraverso una serie di vignette e di strambi personaggi, gli autori illustrano una serie di posizioni e situazioni – più o meno improbabili – in cui un rapporto sessuale può essere realizzato.
Al momento della sua uscita il libro fece un grandissimo scalpore e suscitò indignazione generale, Le vignette di Jac, in effetti, non lasciano proprio nulla all’immaginazione. Ma, a ragione è stato detto che “ Jacovitti ha trattato il sesso nel modo in cui avrebbe fatto un bambino: con curiosità, senza malizia, vedendo quello che c’è da vedere e immaginando il resto”.
Il Kamasultra fu in effetti più una reazione al bombardamento di riferimenti sessuali che l’Italia aveva vissuto negli anni ’70, come scritto all’inizio con la censura della canzone di Mina. Di poi caduti molti tabù, eliminate le inibizioni, il sesso era ovunque, dal cinema alla televisione alle edicole. E Jacovitti decise di denunciare il “troppo che stroppia“: «Oggi il sesso è tutto, dirò di più: tutto è sesso. Il “Jacovitti proibito”, insomma, diverte per i suoi disegni assolutamente improbabili e grotteschi, ma fa anche molto riflettere. «Questo non è un libro di quelli che si leggono con una mano sola. Ce ne vogliono due.
Una di lui, una di lei. Se, a un certo momento, il libro cade a terra, non si rompe». Una frase che sembra uscire dal taccuino della statua dell’artista Michele Carafa, posta sul corso di Termoli , dove, sigaro in bocca, scherzosamente scrive, il grande umorista che parlava arbȇresh.
Fernanda Pugliese