E proprio nella circostanza delle celebrazioni dantesche, non possono passare inosservate le petizioni che piovono da ogni parte gridando allo scandalo ,rispetto al dileggio che si sta compiendo nei confronti della lingua. Lo scandalo nasce, purtroppo, proprio dagli ambienti istituzionali dove circolari e testi , decreti e quant’altro, vengono farciti di inglesismi che depauperano il nostro lessico.
Hanno fatto scalpore il gesto e le parole del presidente del Consiglio dei Ministri Draghi che nel dare lettura di un provvedimento anticovid, “ Cosa mi fate dire”– ha aggiunto – sospendendo la lettura nel centro di vaccinazione di Fiumicino. «Chissà perché dobbiamo sempre usare tutte queste parole inglesi». Immediata è stata la risposta dell’Accademia della Crusca. «Che bello, grazie presidente! Da Draghi è arrivato un invito sereno a scegliere le parole italiane e a fare a meno di inutili forestierismi, specialmente inglesi», ha commentato il presidente professore Claudio Marazzini.
È il caso di dire che quando è” troppo è troppo,” e gli abusi linguistici che ricorrono a inutili prestiti sono veramente tanti e denotano un forte provincialismo ma anche la brutta abitudine di copiare i testi dei provvedimenti, evidentemente.
Non solo le Associazioni come la Dante Alighieri e l’ Accademia della Crusca, per citare i più grandi, ma gli stessi esponenti dei partiti all’interno del sistema parlamentare, hanno proposto modifiche ad articoli della Costituzione italiana, rilevando che la stessa, nei suoi principi, non prevede puntuale testo che salvaguardi la lingua italiana.
Fratelli d’Italia ha presentato una proposta di legge costituzionale e una mozione per chiedere l’utilizzo esclusivo della nostra lingua negli atti del parlamento, della pubblica amministrazione e degli enti locali.
“Ci risulta incomprensibile il fatto che la Costituzione italiana ad oggi non abbia previsto la tutela della lingua italiana, dichiarandola lingua della Repubblica”….”Chiediamo che la lingua italiana sia l’unica ad essere utilizzata anche negli atti parlamentari e governativi” ribadisce la Meloni. Come darle torto?
È nota la disputa presso la Commissione UE dal 2004 al 2010, quando il presidente José Manuel Barroso, vietò l’uso della lingua italiana nella sala stampa. La cosa destò un grande putiferio e maturò la consapevolezza dei danni all’Italia in termini di immagine, di competitività e di rappresentanza politica, causati da questa esclusione e quanto occorso dovrebbe costituire un precedente. E’ giusto l’allarme che giustifica le proposte aggiuntive agli articoli della Costituzione ma, direi, soprattutto ai regolamenti attuativi e la vigilanza sulla redazione degli atti. Le modifiche proposte si vanno a collocare all’interno dell’articolo 6 che testualmente recita: “ La Repubblica tutela con apposite norme le Minoranze Linguistiche” a cui si dovrebbe aggiungere il seguente testo: “ La lingua italiana è la lingua ufficiale della Repubblica”.
Il paradosso è che proprio la norma che attua l’articolo 6 della Costituzione, ovvero la Legge 15 Dicembre 1999, n. 482 ” Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche “, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 297 del 20 dicembre 1999, nell’art 1 comma 1, recita : 1. La lingua ufficiale della Repubblica é l’italiano. Nel comma 2. Esplicita il disposto dell’art. 6 : “ La Repubblica, che valorizza il patrimonio linguistico e culturale della lingua italiana, promuove altresì la valorizzazione delle lingue e delle culture tutelate dalla presente legge. Nel 2014 quando il Politecnico di Milano introdusse l’obbligatorietà degli esami in inglese in tutte le materie nacquero movimenti spontanei che contrastavano tale dictat.
L’’Associazione Radicale Esperanto rappresentata da Giorgio Pagano già sindaco di La Spezia, diffondeva massime in tal senso : “L’italiano condannato a morte dall’inglese “, “ Al politecnico solo lauree anglofone” . Con queste frasi a effetto, l’ ERE contrastava le decisioni che abolivano le lauree magistrali in lingua italiana. Giorgio Pagano, giornalista e conduttore su Radio Radicale, della rubrica democrazialinguistica.it, in segno di protesta organizzava un periodo di 50 giorni di digiuno per sé e con una macchina dove capeggiava la scritta “ Salviamo l’Italia Salvando l’Italiano” si univa alla Carovana della Memoria e della Diversità Linguistica, capeggiata dal prof. Giovanni Agresti dell’Università di Teramo e sostenuta dalla redazione della Rivista Kamastra . Dal 24 agosto all’ 8 settembre la Carovana approdò in diverse parti d’Italia lungo la fascia Adriatica , partendo da Tarvisio e con un ultima tappa a Villa Badessa, oasi di lingua arbȇreshe e spiritualità bizantina della frazione di Rosciano in provincia di Pescara.
Fernanda Pugliese